Central Park West, la leggendaria Dakota House, due piani sopra l’appartamento di John Lennon. Qui, nel 1970, nella casa a tredici stanze di Leonard Bernstein, il compositore di “West Side Story”, è in corso un party. Champagne e diritti civili, belle donne e intellettuali “coi loro vestiti di Pucci, con le scarpe di Gucci, con i foulard di Capucci”. C’è anche Ethel Kennedy, vedova Bob. Tutti fighetti e fichissimi.
Le signore ingioiellate ascoltano, sedotte, le Pantere Nere che spiegano loro come vogliono rovesciare il governo e fare la rivoluzione, mentre camerieri in livrea servono champagne ai bianchi “col pannolino rosso”. Ne venne fuori un reportage di Tom Wolfe per il New York Magazine, “Radical Chic”. “Free Leonard Bernstein” era il sottotitolo, in copertina le signore dell’alta società col pugno chiuso.
Qualcosa di simile è appena successo in uno dei teatri più famosi d’Europa. Storie simili non si possono inventare, neanche il teatro dell’assurdo di Ionesco.
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