L’uomo al centro della crisi del Corano in Svezia, Salwan Momika, è stato assassinato in una “casa sicura” del governo. Come hanno fatto i terroristi a scovarlo e ucciderlo, si chiede il maggiore quotidiano del paese, Aftonbladet? Non lo hanno accoltellato in una piazza come è successo all’attivista anti-Islam Michael Stürzenberger a Mannheim, in Germania, ma dentro una casa che in teoria doveva essere nota soltanto alle autorità.
“Se Salwan Momika avesse criticato il cristianesimo sarebbe vivo oggi, se avesse criticato l’ebraismo sarebbe vivo, se avesse criticato l'induismo sarebbe vivo” ha detto con non poco coraggio il vice primo ministro Ebba Busch, leader del partito cristiano-democratico svedese. “Se non vinciamo questa battaglia di valori, tra qualche anno la Svezia non sarà più riconoscibile”.
Ma un paese (e per estensione un continente e la sua cultura) dove il rogo di un libro fa più notizia di un assassinio non è già più riconoscibile. Intanto oggi una strage in una scuola svedese: almeno 10 morti (non si conosce ancora l’identità dell’assassino).
Soltanto la polizia svedese sapeva dove vivesse Momika. A ottobre si era trasferito in questo “appartamento protetto” con un nome fittizio sul campanello. Eppure, i suoi assassini sono riusciti a risalire all’indirizzo. “Avrebbero dovuto tenerlo lontano da una zona in cui ci sono famiglie con bambini”, dice un vicino di casa di Momika di nome Waadalla Alhaddad (ciao, svedesi).
Ascolta questo episodio con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a La newsletter di Giulio Meotti per ascoltare questo Post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei Post.