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Frontiere aperte e buonismo: così siamo finiti nella zona vietata
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Frontiere aperte e buonismo: così siamo finiti nella zona vietata

La confessione-choc della polizia di Berlino ("la città non è sicura per ebrei e gay a causa degli arabi") e la mappa delle enclave dove i chierici multiculti ci hanno dato la guerra di civiltà

In mezzo alle consuete risatine di commentatori e twitterati, otto anni fa Donald Trump scandalizzò i benpensanti affermando che in Europa si andavano creando delle “no-go zones”. No-go zones? Sarà stata un’altra fake di Trump. David Ignatius sul New York Times aveva usato l’espressione, spiegando che alcune aree di Parigi sono diventate “no-go zones at night”. Poi Michael Nazir-Ali, vescovo di Rochester, ha parlato di no-go zones in Inghilterra.

Da allora è diventato un segreto di Pulcinella e se anche Angela Merkel ha ammesso l’esistenza di queste zone in Europa, l’ex presidente socialista francese François Hollande ha detto: “Come possiamo evitare la secessione? Perché è quello che sta succedendo: la secessione”.

Secessione. Enclave. Sbagli colpevolmente politica migratoria e sei fottuto.

Scrive Botho Strauss, il celebrato drammaturgo tedesco (in Italia è uscito nella preziosa collana che Franco Cordelli diresse per Guanda): “Nel corso del cambiamento demografico dovuto alla maggioranza di popolazione musulmana nelle metropoli prevista per il prossimo futuro potrebbero emergere altre priorità rispetto alla tolleranza e alla diversità. Quanto allora è ridicolo e insensato continuare con gli stanchi e dolciastri toni della ‘tolleranza’ nei confronti di una classe di persone che nelle nostre città si sta elevando a maggioranza”.

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Giornalista del Foglio dal 2003. Molti libri tradotti all'estero. Gli ultimi sono "La fine dell’Europa" (Premio Capri), "I nuovi barbari", "La dolce conquista", "Il sesso degli angeli e l'oblio dell'Occidente" e "Il Sabato Nero" giuliomeotti@hotmail.com