Il mondo che ha creato Elisabetta se ne va con lei
Ha rappresentato verità eterne: famiglia, servizio, civiltà, dignità. Ma come scrisse James Joyce, "la vecchia Inghilterra sta morendo". La seconda età elisabettiana è finita. Ma forse molto di più
La seconda età elisabettiana è finita. È apparsa per la prima volta su una banconota quando era una principessa di otto anni e ottantasette anni dopo è ancora sulle banconote. Ma Elisabetta II non era un profilo su un francobollo. Era una “vera presenza”, come direbbe George Steiner, nella vita di miliardi di persone. Nata nel 1926, Elisabetta II era l’ultima della Greatest Generation. Il suo primo primo ministro fu Winston Churchill. La sua prima crisi internazionale fu Suez 1956. Ha attraversato 14 presidenti degli Stati Uniti, a cominciare da Harry Truman. L'impero britannico raggiunse la sua massima estensione negli anni '20 sotto suo nonno, Giorgio V.
Elisabetta ha rappresentato verità che dovremmo sperare essere ancora eterne: famiglia, servizio, civiltà, dignità. Le grandi case reali dell'Europa continentale furono travolte dalla Prima guerra mondiale e dalla rivoluzione russa. Citate un monarca spagnolo, svedese, belga, olandese o norvegese: vi verrà da ridere pensando a scandali sessuali, mazzette e penosi abbagli ideologici. Elisabetta II era diversa. Di lei non si ricorda una sola di quelle stronzate culturali che vanno dette perché sono sulla bocca di tutti. Non era "glamour", come Diana o Meghan fotografata con Oprah. Elisabetta era una donna di campagna, radicata nel paesaggio della Gran Bretagna e nei suoi ritmi naturali. Bastava guardare cosa indossava: abiti che non cambiano mai. Era lo spirito della Gran Bretagna: just getting on with it. Andare avanti. E’ stata la seconda monarca più longeva della storia (dopo il re francese Luigi XIV). Si trascinava quel corpo minuto che rifiutava l'idea che, come i monarchi olandesi e spagnoli, avrebbe dovuto andare in pensione e godersi un posto al sole con i cani e i cavalli di cui preferiva, ragionevolmente, la compagnia ad attori e politici. Alla fine, disse il defunto re Farouk, resteranno solo cinque re, i quattro in un mazzo di carte e il re d'Inghilterra - o la regina.
Quando l’Inghilterra ha lasciato l’Unione Europea la regina è rimasta muta sulla Brexit. In Italia il capo dello stato per molto meno fa il diavolo a quattro quando non gli piace una legge. Elisabetta incarnava un sentimento di patriottismo enorme, latente e represso, la più dignitosa e stimolante delle emozioni che, nel nostro discorso pubblico corrotto, è diventato proibito esprimere per paura di essere accusati di essere sciovinisti, nazionalisti, razzisti o xenofobi.
Elisabetta ha venerato il lavoro che credeva che Dio (sì, Dio) le avesse dato e la fiducia che il suo popolo riponeva in lei. Consegnava il suo messaggio il giorno di Natale ogni anno. Mentre tutto attorno cambiava, Elisabetta è stata ciò che T.S. Eliot ha definito “il punto fermo”. Permetteva al popolo di connettersi attraverso un potente simbolismo alla loro storia collettiva e alla loro identità di nazione. Il monarca che viene remato in pompa magna lungo il Tamigi è un'immagine che risale al Medioevo. Chi può vantare ancora altrettanto in Europa?
“Le persone si sentono meglio solo per averla vista in giro con il suo caratteristico sorriso, alcune parole gentili e trascinando con sè una nuvola di mistero insolubile” ha scritto di lei la brava giornalista inglese Melanie Phillips. “Con il suo impareggiabile senso del dovere, il suo stoicismo e la sua moderazione emotiva, molti vedono nella regina l'incarnazione di una Gran Bretagna la cui identità culturale è inesorabilmente logorata. Molti sentono nelle loro ossa che quando la regina alla fine spirerà, la Gran Bretagna non sarà più la stessa. Nonostante il fatto che la monarchia continuerà, qualcosa di infinito valore sarà andato perso”.
Elisabetta ha pianificato anche le sue esequie. Ogni membro della famiglia ha un nome in codice. Filippo, suo marito, era "Forth Bridge". Lei era "London Bridge". Il London Bridge ora è caduto, ma anche “la vecchia Inghilterra sta morendo", come dice uno dei personaggi dell’Ulysses di James Joyce. Il mondo che ha creato Elisabetta se ne va con lei. Il Cristianesimo agonizza. La famiglia come istituzione è in coma. Dignità e onore sono ovunque calpestate. Churchill è processato nelle università inglesi come un “razzista e colonialista”. La civiltà è una parola dannata. E qualcuno forse cambierà quella meravigliosamente vetusta e reazionaria formula che accompagna Elisabetta anche nella morte: by the Grace of God…
Scritto in uno stato di grazia, la cosa più bella e significativa che ho letto da ieri. Tutti scrivono tutto, freneticamente, ma questo ricordo è perfetto, grazie Giulio.
Nel mio cronico pessimismo vorrei provare adesso a dire una cosa positiva: i „giovani“, quelli che la mia vigliacca generazione ha mollato quattro a zero senza protezione e allo sbaraglio, buttando loro addosso una responsabilità che mai avrebbero dovuto sopportare, ecco questi giovani sembrano perplessi, stupiti, „è morta????“ dicono, „ma non era immortale?“ Mi sembra che capiscano di colpo di trovarsi nel vuoto, che abbiano un sentimento (!) di pena, si fanno pena, oserei dire. Noi, vecchietti ormai, sappiamo che cosa abbiamo perso e lo sappiamo da tempo, siamo stati noi, da giovani, a buttare tutto al macero (ci hanno aiutato, è vero, anzi abbiamo obbedito, ma tant‘‚ è). Adesso vedo pena negli sguardi dei „giovani“ e provo anch’io pena ma mista a speranza. Forse la caduta nel vuoto si arresta - come? Nulla è impossibile a Dio.