Siamo nati postumi.
Lavoro a Il Foglio Quotidiano dal 2003, quando Giuliano Ferrara mi chiamò nel giornale più libero e anticonformista della storia italiana. Ho scritto anche per il Wall Street Journal, Arutz Sheva, Weltwoche e Gatestone Institute. Nel frattempo, sedici libri tradotti in inglese, norvegese, spagnolo, polacco e che hanno vinto anche qualche premio importante, come il Capri San Michele (ma dopo che lo ha vinto Ratzinger).
Il vecchio mondo, quello che chiamavamo “Occidente”, si sta esaurendo. E prima lo comprendiamo, prima sapremo correre ai ripari e meglio sapremo difenderci.
Sono uno strano conservatore senza casa: non mi interessa il tifo politico e non scrivo veline partitiche, detesto tutti i totalitarismi ideologici (neri, rossi, verdi, eco, fluidi), odio lo stato-balia e difendo la libertà dell’uomo, amo il pensiero non allineato e non arruolabile, la nostra identità e cultura aggredite dai nuovi distruttori e decostruttori, non tollero il politicamente corretto e temo il progetto islamico di conquista dell’Occidente, che resta il miglior nemico di sé stesso. Penso che la trasformazione demografica, culturale e religiosa dei paesi occidentali sia la più importante (e meno raccontata) storia del nostro tempo.
Per questo è nata questa newsletter nel gennaio 2021, per esplorare il caos e lo choc di civiltà che inghiotte le nostre vite, mentre l’Occidente viene forzatamente riconfigurato. Nasce come indagine sul nostro continuo “sconvolgimento” collettivo e sulle sue cause e conseguenze. Cosa sta accadendo? Perché? Dove siamo diretti? Queste erano le domande che mi sono posto.
Per parafrasare Karl Kraus: non so deporre un uovo, ma so quando uno è marcio. Perché farlo? Poco prima che lo storico Simon Dubnow venisse ucciso a Riga nel 1941, gridò agli altri ebrei: “Scrivete tutto!”. Questo è un bel motto per una vita.
Una newsletter per tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a idee vietate ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale). Perché scrivere oggi è un po’ come giocare alle parole proibite di Tabù. Non temo la “dissonanza cognitiva”, pensare e scrivere diversamente dal blob giornalistico. Non ho la pretesa che i lettori siano sempre d’accordo con me ma di scrivere sempre quello che penso, anche se “in un mondo di fuggitivi la persona che prende la direzione opposta sembrerà un disertore” (T.S. Eliot), e di dare loro quello che non troveranno altrove in Italia e che li faccia pensare.
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