La fotografia ha solo nove anni, ma sembra provenire da un’altra epoca. E soprattutto da un altro Paese. Dieci giorni prima la cancelliera Angela Merkel aveva pronunciato la famosa frase Wir Schaffen Das. Ce la possiamo fare. Sarebbe diventato il motto della cultura dell’accoglienza con cui l’Europa a trazione tedesca aveva risposto a una ondata migratoria senza precedenti.
Quella mattina, la cancelliera visita un centro di accoglienza per rifugiati a Berlino. Shaker Kedida le chiede un selfie. Merkel annuisce e si mette in posa. L’immagine divenne l’equivalente visivo di Wir Schaffen Das, pietra miliare della comunicazione politica dell’epoca al pari di Yes we can di Obama. Non c’era spazio per lo scetticismo sull’immigrazione e i confini. Merkel fece tutto da sè, senza consultare gli altri governi della Ue.
Oggi non soltanto sarebbe impossibile un cancelliere tedesco che si fa un selfie con i migranti. Il governo di sinistra di Olaf Scholz ha anche deciso l’impensabile: la sospensione di Schengen e il ritorno dei controlli ai confini. Perché per dirla con l’ex capo dei servizi segreti francesi Pierre Brochand, ci siamo accorti che non funziona “un modello che rifiuta di distinguere tra le aspirazioni del contabile svedese e del guerriero pashtun, del secchione californiano e del pastore saheliano, del contadino béarn e del giovane ‘harrag’ algerino, come se tutti fossero intercambiabili”.
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