La guerra agli storici che si rifiutano di bruciare l'Occidente
Libri ritirati e "sepolti nel silenzio" perché ledono il terzomondismo. La storia la scrivono i vincitori e il nuovo "1984" riscrive il passato per edificare sulle sue rovine un futuro orrendo
L’anatema che colpì Renzo De Felice quando uscì la biografia di Mussolini si abbatté senza risparmiarsi sullo storico Ernst Nolte, il protagonista della grande disputa degli anni Ottanta fra gli storici, l’“Historikerstreit”. Convegni sospesi, pubblicazioni bloccate o, nel caso più blando, farlo parlare in pubblico senza stringergli la mano. Nolte aveva avuto l’ardire, in piena Guerra fredda, di rompere il tabù dell’antifascismo democratico eretto sull’altare della Seconda guerra mondiale, la quale, collocando Mosca al fianco delle democrazie, aveva a lungo impedito d’annoverare il comunismo fra i totalitarismi. Solo la caduta dell’Urss avrebbe restituito legittimità alle idee di Nolte, ma senza risparmiare allo studioso l’ostracismo. Militanti di sinistra cercarono di sfigurarlo con l’acido a Friedrichshain. E gli fecero anche saltare in aria l’auto fuori dall’università.
La “Historikerstreit” è storia e oggi divampa una nuova guerra agli storici che si rifiutano di processare e bruciare in effigie l’Occidente.
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