La carta igienica politicamente corretta seppellirà la cultura occidentale
La rivista di Einstein e 150 premi Nobel pubblica cialtronate su razza, genere e gli "elettori fascisti". Se anche la scienza diventa uno zimbello stupido, non c'è istituzione culturale che si salvi
Negli Stati Uniti un fisico scrisse per scherzo un saggio pieno di sciocchezze, cialtronate postmoderne fintamente basate su teorie scientifiche e infarcito di citazioni tratte da testi di Jacques Derrida per dimostrarne l’incongruità in fatto di matematica e fisica. Una famosa rivista lo prende sul serio e lo pubblica. Esplode il dibattito. Il fisico teorico si chiamava Alan Sokal, che inviò il saggio a una famosa rivista di studi sociali. Il titolo stesso: “Transgressing the boundaries: towards a transformative hermeneutics of quantum gravity” (Oltrepassando i confini: verso una ermeneutica trasformativa della gravità quantistica) doveva generare più di un sospetto. Ma l’“alta cultura” era impazzita. Dopo che l’articolo apparve nella primavera 1996, Sokal rivelò che era una beffa ordita contro una certa cultura da lui considerata meritevole di essere sbeffeggiata in quanto non-scienza che si atteggia a tale.
Cinque anni fa un gruppo di amici dell’accademia americana decise di riprovarci e di farsi beffe di alcune rinomate riviste accademiche. Peter Boghossian e James Lindsay - il primo docente di filosofia all’Università di Portland, il secondo titolare di un dottorato in matematica - assieme a Helen Pluckrose, redattrice della rivista Areo, decisero di “piazzare” sotto falso nome venti beffe in alcune delle riviste accademiche più importanti. La più famosa è quella sulle “Reazioni umane alla cultura dello stupro e alla performatività queer nei parchi urbani per cani”, uscita sulla rivista Gender, Place & Culture di proprietà di Taylor & Francis, celebre editore britannico. Poi spedirono alla rivista Cogent Social Sciences uno “studio” in cui intendevano dimostrare che il pene non è solo un organo maschile, ma una “costruzione sociale”: “Noi concludiamo che il pene è una costruzione sociale che danneggia le società e le generazioni future. Il pene concettuale presenta problemi significativi per l’identità di genere, è fonte di abuso per le donne e altri gruppi di gender marginalizzati, è l’origine universale dello stupro e il motore di gran parte del cambiamento climatico. La letale ipermascolinità sostiene il materialismo neocapitalista, motore del cambiamento climatico”.
Come nel caso di Sokal, anche questa beffa riesce. E ora vediamo che, anche senza bisogno di scherzi, la spazzatura ha riempito una delle più blasonate riviste scientifiche del mondo.
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