La tolleranza, a poco più di due secoli dal celebre saggio di Voltaire, non è più una virtù, posto che lo sia stata davvero, in questi 260 anni. Quel piccolo libro al crocevia della cultura occidentale cercava le radici dell'intolleranza per indicare la sola via consentita allo sviluppo della civiltà. Nacque così il celebre ritornello “detesto quanto tu dici, ma mi batterò fino alla morte perché tu abbia il diritto di dirlo”. Sono stati pochi a battersi, da allora. I primi eredi di Francois-Marie Arouet (vero nome di Voltaire, l'autore del Candido) mandavano già alla ghigliottina i dissidenti. Una rivoluzione non può fare spazio alla tolleranza, per non compromettere là propria integrità. E un potere costituito può accettare un pensiero libero solo a patto che non minacci la propria sicurezza di dominio. Così è sorprendente oggi che quanti abbiano scelto come motto la trita frase attribuita a Voltaire - "mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso" - abbiano messo da parte la tolleranza volterriana per abbracciare la più sfacciata censura, che ora ricorre non solo a cambiare i libri, ma a portarne in tribunale anche gli autori, se dicono che “siamo nati maschi o femmine”.
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