Basta con questo orrendo "festival della diversità"
La strage in Germania. Persino al supermercato è lavaggio del cervello sulla “diversità”, che ormai conta più della libertà e della vita in un Occidente che ha perso l'istinto di sopravvivenza
“La notte dei lunghi coltelli, i cuoricini dell'accoglienza, il teorema Rovelli e il collasso dei nostri paesi” scrivevo a giugno. “Siamo maestri di retorica sul D-Day e la liberazione dal nazismo, ma per quanto ancora potremo nascondere la verità sulla fine dell'Europa come l'abbiamo conosciuta per 80 anni?”.
Sulla Welt Peter Schneider, uno dei più famosi scrittori tedeschi, l’autore de Il saltatore del muro (Nave di Teseo), ha raccontato la mentalità del demi monde culturale: “A una cena in una fondazione a Berlino, un artista mi ha detto di non capire la discussione sui rifugiati. ‘Dieci milioni di rifugiati in Germania: non avrei alcun problema con questo’”.
Già, che problema c’è? Basta non trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. E agli esponenti del demi monde non capita mai.
Come questa mattina davanti alla sinagoga Beth Yaacov a La Grande-Motte nell'Hérault, in Francia, incendiata da un militante del terzomondismo con la kefiah che vorrebbe fagocitare l’Occidente.
O ieri sera a un “festival della diversità” nella città di Solingen, in Germania, dove nove persone sono state accoltellate e tre sono morte al grido di “Allahu Akbar”.
Perché come ha scritto perfino il vate delle lettere di sinistra Hans Magnus Enzensberger, “ogni migrazione provoca conflitti, indipendentemente dalle cause che l’hanno determinata, dagli scopi che si prefigge, dal fatto che sia spontanea o coatta, dalle dimensioni che assume”.
I conflitti sono sotto gli occhi di tutti, come le dimensioni che hanno assunto. Sulle cause, pesa ancora un tabù spietato.
Perché oggi in Europa niente sembra più funzionare senza un tocco di “diversità”.
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