Anche se non siete interessati alla guerra culturale vi trascineranno al fronte
Succede in una grande città occidentale: pronomi neutri obbligatori a scuola, teatri senza bianchi, giornate del velo islamico, via le feste di Natale e chiese convertite in moschee. Non vi riguarda?
Julien Freund, magnifico filosofo politico dimenticato, nel 1965 ebbe uno scambio con Jean Hyppolite. Freund aveva sviluppato le categorie mutuate da Carl Schmitt di “amico” e “nemico”, che non piacevano a Jean Hyppolite e gli rispose: "Se hai ragione, tutto quello che mi resta è andare a coltivare il mio giardino”. Freund replicò a Hyppolite: “Pensi di essere tu a designare il nemico. Finché non vogliamo nemici, non ne avremo, pensi. Ma è il nemico che ti designa. E se vuole che tu sia il suo nemico, puoi fargli anche le più belle attestazioni di amicizia, ma finché vuole che tu sia suo nemico, lo sarai. E ti impedirà anche di coltivare il tuo giardino”.
Le guerre culturali contemporanee rientrano nel quadro tracciato da Freund. Basta leggere l’ultimo editoriale del direttore di The Lancet Richard Horton:
“Questa è l'era delle guerre culturali. E la moderna lotta per l'egemonia culturale spiega le controversie odierne su sesso e genere. È una guerra che non dobbiamo avere paura di combattere”.
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